
Lottare per la pace, contro la guerra e le politiche antipopolari, costruire l’opposizione
La strage avvenuta a Cutro ci ricorda la disumanità propria del capitalismo odierno e di chi lo rappresenta politicamente. Il sistema politico non si fa carico dei cambiamenti climatici e della necessaria ricerca di pace per risolvere ed evitare i conflitti armati, tra le cause dei flussi migratori. L’esempio più chiaro è nel cuore dell’Europa, in Ucraina, dove si avvicina a grandi passi lo scenario della terza guerra mondiale, nella totale assenza di ricerca di mediazioni capaci di arrivare al cessate il fuoco, oltre alla rimozione di ogni complessità della vicenda, come gli eventi del 2014 e le responsabilità della NATO.
Il Governo Meloni sta accentuando il suo profilo autoritario e guerrafondaio, portando alle estreme conseguenze i processi avviati da quelli precedenti: subalternità alla NATO e agli USA, politiche migratorie disumane, attacco alla scuola pubblica e alla libertà d’insegnamento, autonomia differenziata, riforma fiscale iniqua, precarizzazione del lavoro, demolizione del reddito di cittadinanza, militarizzazione del territorio e dell’immaginario. Lo schema aggrava le disuguaglianze, criminalizza la povertà e il dissenso.
In questa situazione drammatica spicca per consapevolezza, compattezza e determinazione la mobilitazione del movimento operaio francese, la cui vittoria rappresenterebbe un fatto di prima grandezza nella dinamica della lotta di classe europea. Anche in Italia, nelle ultime settimane vi sono stati alcuni segni di scongelamento della situazione politica e sociale: dalla mobilitazione antifascista di Firenze a quelle di queste ore di Piombino e Crotone. Centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza a protestare contro le politiche del governo ed alimentato un pubblico dibattito.
A queste note positive fa da contraltare un apparente paradosso: a fronte di una maggioranza della popolazione italiana che si pronuncia contro la guerra e contro la fornitura di armi all’Ucraina, nonostante i nostri sforzi e l’impegno del movimento pacifista, non abbiamo una significativa mobilitazione popolare. Così come la lotta portata avanti in molte vertenze contro la chiusura di stabilimenti, e segnatamente quella dal Collettivo di Fabbrica della GKN, nonostante l’aggregazione di un significativo tessuto militante e la mobilitazione dei territori, non è stata mai raccolta come terreno di costruzione di conflitto generale da parte delle organizzazioni sindacali.
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