ORIO: I NODI VENGONO AL PETTINE. MA A PAGARE PER GLI ERRORI STRATEGICI DI SACBO NON DEVONO ESSERE I LAVORATORI

La stampa locale dopo avere per mesi cantato il ritornello del “va tutto bene madama la marchesa”, scopre che con la crisi Covid l’areoporto Caravaggio e la società che lo gestisce sono entrati in una pesante crisi, tanto che ad aprile la Sacbo ha registrato un meno 90%.

Una crisi che Sacbo ha affrontato sia cercando di uscire tardivamente dal rapporto quasi esclusivo con Ryanair aprendo alla concorrente Easyjet, sia reinvestendo 200 milioni di euro per riavere i tanto demonizzati voli merci che solo due anni fa erano stati invece cacciati per essere sostituiti da voli passeggeri.

C’era da aspettarselo: come avevamo denunciato più volte lo sviluppo di Orio si basava su presupposti confusi, precari e rischiosi; eppure la classe dirigente locale e l’amministrazione Gori, che ne è sempre più l’espressione politica, avevano puntato tutto e su un unico asset, quello del trasporto low cost di passeggeri occupato quasi totalmente da Ryanair, perché ritenuto più vantaggioso e più facile da gestire.

Succede ora che la Bis (Bgy International Services), la società di handling braccio operativo di SACBO, dal 1° luglio disdirà il contratto integrativo e ogni altro accordo riconoscendo ai suoi lavoratori solo quanto previsto nel contratto nazionale di primo livello. In pratica, un taglio medio allo stipendio del 20%.

Eppure per anni siamo stati informati degli enormi profitti accumulati da SACBO (anche grazie al lavoro di questi lavoratori). Sembrerebbe, al solito, che chi ieri ha incassato oggi non intende farsi carico delle perdite determinante dalla crisi Covid, scaricando il problema sui soliti: i lavoratori.

In realtà sospettiamo che il problema non sia soltanto congiunturale, ma molto più serio e di tipo strutturale. Il Caravaggio/ Orio è cresciuto negli anni scorsi grazie a una politica delle tariffe irrisorie e grazie alle contribuzioni pubbliche elargite alle varie compagnie aeree (sostanzialmente una, che ha potuto così fare l bello e il cattivo tempo). Ora il Covid ha creato una grave crisi del trasporto aereo e con la timida ripresa in atto i vari aeroporti si stanno facendo una guerra proprio con un ulteriore ribasso dei costi e aumentando le contribuzioni pubbliche per attrarre le compagnie aeree.

SACBO sta evidentemente pensando di fare pagare il costo di queste politiche oggi ai dipendenti di Bis e domani ai 25.000 dipendenti dell’indotto. A dimostrazione che al peggio non c’è limite.

E’ invece questo il momento di ripensare all’intera questione dell’aeroporto e di dire basta con quanto è stato fatto finora. (Bergamo, 04.06.21, Francesco Macario, segretario provinciale Prc/Se)