LE PENE NERE

Rimini Rimini un anno dopo? Speriamo proprio di no. Almeno per le ragazze riminesi. Chissà se il genius loci felliniano avrebbe avuto il fegato di ricavarci una pellicola. Quello che è andato in scena in questi giorni sulla riviera romagnola è un qualcosa di veramente ripugnante e mostruoso. Non ci sono aggettivi migliori per descriverlo. È stata l’adunata della vergogna. E forse non è la prima. Solo che stavolta i fatti sono venuti a galla. Un’onta per il corpo degli alpini. Un’onta sanguinosa.

Il ministro della difesa Lorenzo Guerini ha in maniera sacrosanta condannato coi toni più fermi l’accaduto promettendo di fare chiarezza e di accertare le responsabilità. E ci mancherebbe altro. È doveroso. Speriamo non siano solo parole. Le centinaia di denunce raccolte dalla rete locale di Non Una Di Meno non possono passare sotto silenzio. Alcune di queste denunce sono arrivate anche ai comandi cittadini dell’arma dei carabinieri e altre forse ci arriveranno. Con buona pace dell’Ana, l’associazione nazionale alpini che nega o minimizza. Un concentrato di violenza, molestie e intimidazioni a sfondo sessuale mostruoso appunto.

Come scusante è stato addotto il tasso alcolico. Ridicolo. Almeno a casa mia, come a casa di chi ragiona decentemente, il tasso alcolico non è mai un’attenuante bensì un’aggravante. Serve ai potenziali maniaci a darsi coraggio. Perché tutta questa gente in condizioni normali forse avrebbe, e per fortuna, un tasso di vigliaccheria molto pronunciato. L’alcol è dunque una spinta deliberata a compiere cose pianificate prima a mente lucida. Sarebbe ora di prenderne atto in casi come questo. Posto che alcuni non avranno avuto bisogno dell’aiutino del bicchierino.

Altra giustificazione addotta è la goliardia. Da cassare, specie nel 2022. Leccare le labbra, cercare di infilare la lingua in bocca è reato, non goliardia. Altra giustificazione addotta la massa, circa quattrocentomila persone presenti, che ha contraddistinto l’evento. Puerile. Centinaia di racconti di vittime sono comunque troppi. Non è molto probabile che ai raduni dei boy scuot o dei congressi eucaristici nazionali accada l’uguale per intenderci. Il concertone del primo maggio non ha mai destato scandalo per ora. Quindi lasciamo stare le giustificazioni.

Dopo aver lasciato le giustificazioni ridicole al loro destino veniamo al punto politico. E il punto politico è la replicabilità o meno di simili eventi. Eventi dove si mette in scena la gerarchizzazione arcaica o astorica di un rapporto asimmetrico fra sessi e generi. Le cameriere e le bariste son quelle che se la sono vista peggio, metafora di un rapporto di potere potenziato (sono cliente e ho sempre ragione e sono appartenente ad un’associazione militare e ho sempre ragione). Cavalieri di ventura d’altri tempi senza cavalli e con la faccia rubizza che importunano e aggrediscono locandiere 2.0.

Squallido. Ripeto. Il centro di tutto è un rapporto di forza, rafforzato da una prassi militarista in disarmo. Le donne come bottino di guerra e di baldoria.

Negli anni trenta durante il regime fascista in costanza della guerra abissina circolavano vignette in cui i maschi italici potevano usufruire delle grazie abissine a loro comodo come alla stazione di servizio e contemporaneamente si metteva in guardia la virtù delle nostre donne dalle avances dei bingo bongo. Non toccate le nostre donne, solo noi possiamo stuprarle e molestarle.

Sessismo. Razzismo. Fascismo appunto. E siamo ancora lì. O quanto meno il maschio etero bianco cis alpino è ancora lì.

C’è questa sensazione di superiorità e di impunità che sconcerta e destabilizza. Espressione infondo dei retropensieri della destra più becera e retriva. Fascismo sessuale istituzionalizzato nelle consuetudini di disgustose adunate di persone sempre fatte passare per simpatiche. Etero cis patriarcato all’ennesima potenza. Abusi di potere finto goliardici piccolo borghesi di tipo proto squadristico. Pago, pretendo, posso. Città requisita per bagordi, schiamazzi e porcherie. Servitù militare a tempo per guerrieri vogliosi a riposo.

L’alpino è buono e simpatico. Non può essere così, dai! Invece è proprio così, a volte spesso. Sarebbe il caso di far cessare la riproposizione di questi copioni reazionari e maschilisti. Ci vuole volontà politica per dire stop. Magari, finita la sbornia ucraina dei buoni del battaglione Azov, ce la facciamo. Penne nere (in mancanza di camicie nere) per qualcuno, pene nere per altri. Amen (10.05.22, Daria Fratus, Comitato politico Prc/Se di Bergamo e provincia)