Bergamo e l’inchiesta Covid. Io so di chi è la colpa!

Apprendiamo dalla stampa che tra le principali criticità riscontrate in ordine cronologico dai pm ci sarebbero:

  • la mancata adozione e il mancato aggiornamento dei protocolli già utilizzati nel 2002 e nel 2012 per contrastare prima la Sars e poi la Mers;
    -la mancata applicazione delle fasi 1-2-3 del piano pandemico del 2006;
    -la scelta di non applicare, nonostante le raccomandazioni dell’Oms, il piano pandemico nazionale antinfluenzale per farne uno nuovo sulla base delle esigenze emergenziali.

Forse non avrebbero arginato del tutto il contagio, ma prevedevano misure di contenimento che avrebbero potuto frenarlo: mascherine, percorsi sicuri, tamponi.

Pare che le disposizioni amministrative siano state contraddittorie ed inefficienti, hanno fatto perdere tempo e ridotto l’incisività nel contrasto alla pandemia.

Alcuni esempi:

  • la certificazione dei decessi Covid accompagnata da un parere dell’Iss;
    – l’iniziale indicazione a non eseguire i tamponi agli asintomatici;
    – la mancata predisposizione di un modello informatico per consentire alle Regioni di inviare i dati sui positivi;
    – i ritardi e i disservizi del numero verde centralizzato 1500;
    – i ritardi nell’attivare una piattaforma per il caricamento dei dati finalizzati alla sorveglianza epidemiologica, utile a comprendere la crescita esponenziale del contagio;
    – la mancata mappatura del fabbisogno di mascherine, posti letto e apparecchiature per la ventilazione;
    – l’assenza di un provvedimento volto a vietare i voli indiretti dalla Cina.

Nessuno, poi, avrebbe tenuto conto delle proiezioni di Stefano Merler dell’Istituto Kessler di Trento, secondo il quale in Bergamasca il contagio era fuori controllo e si sarebbero dovute attivare misure di contenimento almeno a partire dal 26 febbraio. Quel fine febbraio quando Confindustria dichiarava che a Bergamo non c’era nessun problema e che si continuava a correre e produrre. Quel fine febbraio quando si svolse la famosa cena di Gori e giunta in una famosa pizzeria di Città Alta a dimostrazione che non c’erano pericoli e che nel fine settimana si poteva calare a Bergamo a fare spese col biglietto dei mezzi pubblici offerto gentilmente e gratuitamente dall’amministrazione comunale. Ma né il sindaco di Bergamo né quello di Milano (che fece cose similari), né quello di Nembro né quello di Alzano (che ricordiamolo avrebbero potuto anch’essi dichiarare la zona rossa, con quello di Alzano che aveva adirittura dichiarato che la paventata zona rossa sarebbe stata una sciagura) sono oggi indagati. E non sono indagati nemmeno coloro che gli alitavano sul collo, a fargli prendere posizione per convincere i cittadini che non stava succedendo nulla.

E qui si arriva dritti alla mancata istituzione della zona rossa in Valseriana, per la quale – secondo le primissime indiscrezioni – devono rispondere di epidemia colposa aggravata, oltre a Conte e al governatore Fontana, anche diversi membri del Cts come Miozzo, Brusaferro, l’ex capo della prevenzione del Ministero della salute D’amario, l’ex segretario generale Ruocco e l’attuale responsabile delle malattie infettive Maraglino. Secondo l’ipotesi dei pm di Bergamo, anche sulla base della consulenza affidata al microbiologo Crisanti, la zona rossa a Nembro e Alzano avrebbe potuto risparmiare migliaia di morti: se fosse stata istituita il 27 febbraio, le vittime in meno sarebbero state 4.148; al 3 marzo 2.659.

Ma in tutto questo interrogarsi sulle cause della strage manca forse la risposta al quesito più rilevante: perché costoro si sono comportati così? Per incapacità e sbadataggine? Perché delinquenti di natura? Io penso di no.

Penso che lo abbiano fatto per fare a gara a chi non toccava determinati interessi industriali e produttivi. Si sapeva che c’era un rischio molto forte, ma governo (CSX) e Regione (CDX) hanno fatto a gara per ingraziarsi coloro che avevano interesse a che non fosse istituita la zona rossa, bloccando di conseguenza tutte le attività a partire da quelle produttive. E infatti poi il governo si inventò la zona arancione che bloccava quasi tutto, eccetto guarda caso buona parte della produzione industriale.

Le sciagure naturali esistono, ma spesso sono amplificate dagli uomini a puro fine di interesse economico e politico.

In nome delle vittime non possiamo processare il virus, ma certo possiamo processare la classe dirigente e politica del paese che una volta di più ha dimostrato purtroppo tutto il suo valore. E che li condannino o no, è la storia che li condannerà a essere ricordati per quello che hanno dimostrato di essere: nullità.

Francesco Cocò Macario (segretario Prc/Se di Bergamo e provincia)