ALCUNE – DOLENTI! – NOTE SUL CONSUMO DI SUOLO IN LOMBARDIA

Il consumo di suolo è un fenomeno sviluppatosi in seguito all’esplosione dell’antropizzazione del pianeta che ha raggiunto il suo apice con l’attuale sviluppo capitalistico delle forze produttive. l’Istituto Superiore per la Protezione Ambientale (Ispra) si riferisce al consumo di suolo come a “un fenomeno associato alla perdita di una risorsa ambientale fondamentale, dovuta all’occupazione di superficie originariamente agricola, naturale o seminaturale. Il fenomeno si riferisce a un incremento della copertura artificiale di terreno, legato alle dinamiche insediative e infrastrutturali”. Un suolo risulta quindi consumato quando viene impermeabilizzato e, di fatto, non è più in grado di svolgere la propria funzione in quanto tale.

Il suolo è essenziale per le sue funzioni per la riproduzione degli organismi viventi, compreso l’uomo, ma tale risorsa è fondamentalmente non rinnovabile, in quanto la pedogenesi – ovvero il processo che porta alla formazione del suolo grazie all’azione di fattori fisici, chimici e biologici – è estremamente lenta: sono necessari almeno 500 anni per la formazione di 2,5 centimetri di suolo. Distruggere il suolo nelle quantità attuali è quindi un atto suicida.

In Italia il consumo di suolo è dovuto principalmente all’incremento delle aree insediative, industriali, commerciali e delle infrastrutture. In particolare è stato un fenomeno collegato allo sprawl urbano (città diffusa): le città e i paesi invece di utilizzare gli spazi nell’urbanizzato già presente, si sono sviluppati in modo disaggregato e dispersivo. Un altro fattore che lo ha favorito è stato l’incentivo all’utilizzo di mezzi privati, la necessità di sviluppo infrastrutturale e commerciale che comportava ulteriori costruzioni e impermeabilizzazioni.

Va ricordato che nel nostro paese buona parte degli introiti dei comuni, prima della crisi immobiliare e poi di quella pandemica, derivavano dagli oneri di urbanizzazione, quindi i comuni hanno sempre avuto un interesse concreto nell’incentivare il consumo di suolo e le pianificazioni sono sempre state fatte in un’ottica di crescita (giungendo spesso a falsare per legittimarle anche le stesse previsione demografiche).

La conseguenza è sotto gli occhi di tutti: secondo il rapporto Ispra 2018 sul consumo di suolo, negli anni ’50 in Italia il terreno impermeabilizzato rappresentava il 2,7% della superficie nazionale, mentre nel 2017 è diventato il 7,65%, con 54 chilometri quadrati consumati solo nell’anno 2018 al ritmo di 2 metri quadrati al secondo. La superficie urbanizzata totale si avvicina ormai ai 25 mila chilometri quadrati, un’area più ampia dalla Regione Toscana. Inoltre la maggior parte dei suoli consumati sono seminativi, quindi con sottrazione di terreno alle aree adibite alla produzione agroalimentare.

Le conseguenze dirette sono nelle cronache: l’acqua che non viene assorbita dal suolo impermeabilizzato finisce direttamente nei fiumi che si ingrossano e non sono più trattenuti dagli argini. Inoltre vi sono acclarate conseguenze sul cambiamento climatico: il suolo infatti si comporta da regolatore termico; già intorno ai 15-20 cm di profondità, le variazioni di temperatura sono molto limitate e ciò permette al terreno di agire come volano. Le aree in cui il suolo è stato consumato e quindi cementificato o asfaltato tendono invece a immagazzinare e sprigionare molto calore nei mesi estivi, diversamente da quelle coperte da vegetazione. Anche dal punto di vista inquinamento va sottolineato che il suolo agisce come un immenso immagazzinatore di carbonio, tramite l’accumulo di materia organica e la fissazione della CO2 per opera delle piante: contiene circa 1.500 miliardi di tonnellate di carbonio non-fossile, secondo solo all’oceano. Una volta impermeabilizzato, il suolo non può più fissare carbonio.

Sia l’Europa che l’Italia stanno legiferando in materia, ma in Lombardia, per esempio, la legge 31/2014 per la riduzione del consumo di suolo riguarda esclusivamente la conversione di terreni da agricoli a edificabili secondo gli strumenti di pianificazione e non alla conversione come modifica effettiva della copertura fisica del suolo, con un approccio molto diverso da quello di Ispra o della Commissione Europea.

E infatti la Lombardia è la prima regione italiana che al 2019, prima della crisi pandemica, da sola aveva consumato attorno ai 290.000 ettari di suolo, pari al 13% del suolo su cui insiste la regione, a fronte di una media nazionale di suolo consumato, che è pari al 7,65% del terreno totale. In particolare la fascia della bassa pianura, quella con i terreni più fertili e ben irrigati, continua a lamentare perdite severe: ma se nel decennio 2010 erano soprattutto le province di Milano, Lodi e Pavia ad accusare le perdite maggiori, ora i dati più allarmanti giungono dal settore sud-orientale della regione, in particolare dalla pianura delle province di Brescia, Mantova e Bergamo. In queste sole tre province infatti si concentrano perdite per 355 ettari di suolo nel 2019, il 55% del totale regionale. E nel 2020 pare sia andata anche peggio.

Gran parte dei nuovi stock di consumi di suolo in queste province deriva da nuove realizzazioni di compound logistici e centri di smistamento del commercio digitale, che richiedono grandi superfici e che, quasi sempre, atterranno su terreni liberi su cui sia possibile assemblare capannoni da consegnare nel più breve tempo possibile alla committenza. Quindi anche dentro la crisi pandemica il fenomeno non accenna a smorzarsi. Il crescente consumo di suolo è oggi dovuto a queste nuove tipologie di insediamenti e il fenomeno sembra particolarmente esteso sull’asse Milano, Bergamo e Brescia (A4 e BREBEMI). Le nuove piattaforme di e-commerce occupano e cementificano sterminate porzioni di territorio, pur trattandosi di attività commerciali online e, nella percezione popolare, attività immateriali e prive di strutture fisiche.

Queste nuove attività determinano invece effetti materiali importanti con i nuovi “hub logistici”; si fanno nuove strade (che si riempiono di tir e i mezzi di trasporto su ruote), che necessitano a loro volta di parcheggi e stazioni di servizio, consumando altro suolo. Le strade si intasano poi di traffico viario con un ulteriore aumentando dell’inquinamento da polveri sottili. Il tutto a fronte spesso di lavoro precario e sottopagato e di oneri urbanistici che sono insufficienti anche solo a colmare i danni causati a livello ambientale e sociale. Pensiamo anche solo a quelli che non possono essere calcolati se non in termini di desertificazione dei centri storici, colpiti dalla chiusura delle piccole botteghe.

Solo nella piccola cittadina di Calcio, fra le province di Brescia e Bergamo, sono già presenti due centri logistici ed è prevista la costruzione di un terzo. In tutta la zona continuerà la cementificazione con la costruzione di una ventina di nuovi poli logistici: nella sola bassa Bergamasca si parla di quasi 40 nuovi siti.

Si tratta di un business immobiliare che deliberatamente trascura i sedimi dei tanti capannoni abbandonati per via delle delocalizzazioni, lasciati a deperire spesso di fianco ai nuovi centri logistici – una contraddizione generata dalla inadeguatezza del sistema delle regole necessarie ad arginare un fenomeno che ha molti connotati speculativi. Una situazione a cui la politica amministrativa locale non sembra riuscire, o non dimostra l’interesse, a porvi normativamente rimedio. Anzi ad esempio il Ptcp (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale) della provincia di Bergamo introduce il meccanismo particolarmente velenoso del libero scambio di quote di consumo di suolo tra comuni anche non contigui della provincia. In sostanza di fatto contempla diritti, scambiabili tra comuni, di consumare suolo, trasformando il suolo in moneta circolante, aggirando di fatto e annullando l’obiettivo e lo spirito (già molto discutibile) della Legge Regionale 2014, n. 31 contro il consumo di suolo.

Non vi è dubbio che con l’uscita dalla pandemia la questione dello sviluppo di queste nuove attività crescerà enormemente e conseguentemente la questione della difesa del suolo diventerà una delle emergenze politiche che ci troveremo a dover affrontare. (17.04.2021, Francesco Macario – segretario Prc-Se di Bergamo e provincia)