11° Congresso Provinciale di Rifondazione Comunista – Federazione di Bergamo. Relazione del segretario Francesco Macario

Il Covid e noi (bergamaschi)

Le tesi congressuali, giustamente, affrontano per prima la vicenda che più ha colpito l’intera umanità: la crisi sanitaria, economica e sociale prodotta dalla pandemia causata dal virus SARS Covid 19. Ponendo l’accento sulle profonde contraddizioni del capitalismo e in particolare dalle forme aggressive assunte nella ormai lunga epoca dell’egemonia neoliberista. Le tesi sostengono che si tratta dell’ennesima manifestazione della crescita cumulativa del potenziale di catastrofe, come caratteristica intrinseca di un modo di produzione che pone al primo posto l’accumulazione di capitale e non i bisogni sociali.

Il virus SARS-CoV-2 ha la sua origine e si è diffuso nella realtà della globalizzazione neoliberista e nei limiti ambientali ormai raggiunti dall’attuale sistema di produzione. In particolare nell’agrobusiness globale, che sta distruggendo foreste e aree rurali, compromettendo gli ecosistemi e le specie viventi, creando monocolture industriali vettori di trasmissione di malattie lungo i circuiti del capitale.

Noi Bergamaschi ne sappiamo qualche cosa. La domanda che molti di noi si sono posti da subito quando la pandemia è esplosa drammaticamente in Val Seriana è stata: perché dalla Cina il Virus è entrato in Europa in forma così virulenta proprio a Bergamo?

Come PRC la risposta l’abbiamo trovata nei nuovi rapporti economici che legano le aziende e lo storico distretto del tessile Seriano alle aziende tessili e al mercato cinese. La risposta data all’allargarsi dei mercati su scala internazionale è stata quella di investire sull’emergente mercato cinese. Abbiamo avuto una cessione di esperienze secolari, di produzioni e di macchine per la produzione. Oggi le aziende orobiche formano i tecnici cinesi, producono in Cina, commercializzano sotto il loro logo prodotti manifatturieri della Cina.

Dirigenti, tecnici e anche lavoratori si spostano tra la Val Seriana e la Cina in una frenetica mobilità determinata dalle necessità della produzione e della manutenzione degli impianti.

Un flusso che ha certamente favorito l’arrivo del virus probabilmente già da gennaio 2020, un flusso che non si è interrotto nemmeno quando i voli dalla Cina, da febbraio, sono stati vietati. E’ ormai evidente che tramite triangolazioni in altri paesi i manager e lavoratori hanno continuato a fare la spola tra la Cina e la Val Seriana. La necessità di mantenere attiva la produzione e di non rinunciare ad ogni costo ai profitti ha portato i gruppi dirigenti delle aziende a sottovalutare completamente le conseguenze delle loro decisioni.

Tutti ci ricordiamo i filmati tranquillizzanti distribuiti da Confindustria Bergamo: tutto andava bene, Bergamo produceva, anzi correva più che mai, e non c’erano problemi. Una campagna nazionale che tendeva a minimizzare i rischi e che trovava all’estero e in Italia l’appoggio della destra politica (da Trump a Salvini passando per Bolsonaro), ma anche di tutte le forze liberiste (da Macron a Sala). Si trattava di un malessere appena poco più serio dell’influenza, nulla per cui la produzione e i consumi dovessero limitarsi.

A Bergamo è andata anche peggio.

La classe politica e degli amministratori di centro destra (sindaco di Alzano) e di centro sinistra (sindaco di Nembro) non solo nulla hanno fatto per correggere le scelte degli imprenditori, anzi se ne sono fatti i portatori.

Lo stesso sindaco di Bergamo lanciava appelli, durante pizzate pubbliche con la giunta, a proseguire normalmente la propria vita quotidiana. Anzi, in sintonia col sindaco di Milano Sala, si è fatto promotore di misure peggiorative come quelle dell’ultimo fine settimana di febbraio quando ha lanciato tre giorni di sconti e vantaggi per chi si recava a fare acquisti in Bergamo con tanto di omaggio di biglietti del trasporto pubblico.

Senza parlare della partita di Champions League del 19 febbraio 2020 dell’Atalanta di Percassi a San Siro, considerata una delle ‘micce’  del contagio, giocatauna ventina di giorni dopo la dichiarazione di emergenza sanitaria da parte dell’agenzia dell’Onu e su cui né la regione né gli amministratori locali hanno avuto alcunchè da dire, e su cui credo non sia necessario nessun commento.

Come PRC abbiamo da subito denunciato che erano le scelte degli industriali e la complicità degli amministratori le prime cause che hanno fatto di Bergamo una delle aree, percentualmente, più devastate dal virus.

A questo, aggravando la situazione, si è poi sommato lo stato della sanità lombarda destrutturata da decenni di privatizzazioni volute da Formigoni e Maroni, una sanità dove i medici di base sono sotto attacco o addirittura ormai mancano, dove la prevenzione è inesistente essendo stata tutta indirizzata al profitto aziendale e nella cura delle patologie più gravi (che sono le più redditizie). Una tendenza non solo ribadita nella nuova legge sanitaria che la regione sta per varare, ma anche nelle scelte di chiusura degli ospedali pubblici locali come quello di San Giovanni Bianco di cui si discute in questi giorni, Insomma la eccellenza sanitaria lombarda non solo ha mostrato gravi carenze organizzative e manager incompetenti, ma soprattutto si è rivelata incapace di fare fronte alla sfida della pandemia, eppure si sta continuando a procedere su questa strada senza remore.

A questo punto il disastro è stato totale, e i nostri parenti e i compagni del partito defunti stanno lì a ricordarci con drammatica sottolineatura quanto proprio qui la ferita sia stata profonda.

L’impreparazione e la stessa gestione dell’emergenza sanitaria rappresentano, anche a Bergamo e forse qui dove questo modello è più avanzato più che altrove, una chiara prova del fallimento di un modello economico e sociale neoliberista che non dà la priorità ai bisogni sociali e alla salute pubblica, ma al profitto. Le politiche di austerità, così avanzate in Lombardia, con i tagli e la privatizzazione della sanità, insieme allo strapotere del padronato che ha impedito una chiusura efficace delle attività non essenziali, hanno prodotto una strage evitabile a Bergamo come in tutti i Paesi capitalistici avanzati.

La strage non è stata senza conseguenze sociali e politiche.

Nel 2020 la speranza di vita alla nascita si è ridotta di 1,2 anni a causa della pandemia attestandosi a 82 anni (79,7 anni per gli uomini e 84,4 per le donne). Ma a livello provinciale i territori maggiormente colpiti come Bergamo, Cremona e Lodi hanno registrato un calo per gli uomini di 4,3 e 4,5 anni. Per le donne residenti a Bergamo la speranza di vita si è ridotta di 3,2 anni.

I parenti dei defunti hanno costituito comitati rivendicando Verità e Giustizia ma hanno impattato con il muro di gomma del sistema politico.

Confindustria da un lato ha reagito lanciando un messaggio chiaro facendo mettere sotto inchiesta, per minacce e terrorismo, alcuni compagni tra i più impegnati sul terreno della denuncia sul tema Covid e sulla riforma della sanità, tra cui anche dei militanti del PRC.

Dall’altro la commissione di inchiesta proposta a maggio 2020 che doveva indagare sulle cause dello scoppio di Sars-CoV2 e del suo diffondersi già a partire dal 8 Luglio 2021, giorno della prima udienza del procedimento avviato dalla associazione dei famigliari delle vittime, vedeva su iniziativa bipartisan dei parlamentari bergamaschi e bresciani ridotta la sua attività al solo periodo in cui l’Italia non era ancora in emergenza conclamata, limitandone l’ambito di indagine geografica alla sola Cina. Credo anche qui che sia inutile commentare, su questo credo che come partito dobbiamo fare di più sia a livello provinciale che nazionale.

Oggi la crisi sta diventando un’ulteriore occasione di dispiegamento delle capacità predatorie del grande capitale. Lo si vede dalle forti resistenze delle multinazionali del farmaco alla necessaria sospensione della proprietà intellettuale sui brevetti per i vaccini e le cure anti-covid e dal cosiddetto “imperialismo vaccinale”. Le diseguaglianze che si sono ulteriormente esasperate portano a una differenza, tra i paesi ricchi e quelli poveri, dell’accesso alla prevenzione vaccinale. Il caso di Cuba, che ha cinque vaccini realizzati di cui due approvati, ma che non può vaccinare la popolazione perché l’embargo gli impedisce di acquistare le siringhe necessarie ci ricorda il potere che ancora detengono coloro che dominano l’economia e la politica mondiale e la loro inumanità.

Oggi infuriano le polemiche sui vaccini e i green pass, non entro qui nel merito, mi limito a constatare che quando non vi era alcuna possibilità di limitare il contagio si voleva aperto tutto in nome dell’economia obbligando i lavoratori ad andare al lavoro col rischio di infettarsi e diffondere la pandemia (e non pochi sono morti in questa provincia); ora in nome della produzione e su richiesta di confindustria si sospendono gli stipendi ai lavoratori che non esibiscono il green pass. La produzione e i profitti restano sempre al centro della questione, le altre discussioni mi sembrano fuorvianti se non controproducenti.

La questione ambientale

Il tema generale dell’ambiente e del rapporto tra umanità e natura nella sua relazione con la questione della giustizia sociale e del lavoro è per noi comunisti oggi centrale: ci troviamo in una situazione drammatica che vede un capitalismo selvaggio che distrugge l’ecosistema sulla base del profitto ad ogni costo. Noi comunisti dobbiamo porre con radicalità il carattere distruttivo dell’azione capitalistica, sia sul piano ecologico che sociale.

La crisi climatica è la dimostrazione della violenza e dell’insostenibilità dell’economia capitalistica. Il modello economico lineare, estrattivo e ad alto consumo di risorse e di energia, non è più sostenibile, né sono più sufficienti misure di contenimento. Dopo anni di negazionismo, anche grazie ai Fridays For Future, un movimento di giovani che si è sviluppato anche nella bergamasca e che ha mobilitato migliaia di giovani in manifestazioni molto combattive, la transizione ecologica è divenuta centrale. Una vera riconversione ecologica richiede una profonda trasformazione generale che investa tutti i settori della vita e dell’economia, cambiando il paradigma del nostro modello di sviluppo in modo da ridurne l’impatto.

Oggi il governo Draghi ha istituito un ministero per la transizione ecologica – già ribattezzato dagli ambientalisti della ”finzione ecologica”- e apparentemente il PNRR dedica una quantità ingente di risorse allo scopo. Si tratta di un evidente tentativo che punta solo a ristrutturare il sistema senza metterlo in discussione, riforma che tra l’altro incontra forti opposizioni antagonistiche e conservatrici anche nel fronte delle classi dominanti che pensano di proseguire con l’attuale modello di sviluppo ritenuto il migliore dei mondi possibili.

Anche a Bergamo le contraddizioni con gli intenti presunti ambientalisti delle forze che sostengono Draghi sono evidenti.

In ambito provinciale il PD risulta ormai il partito di confindustria e dei ceti urbani. La sua espressione più compiuta è la giunta Gori che governa Bergamo e le politiche che sta attuando.

Come noto la scelta strategica di Gori è quella di puntare sullo sviluppo indiscriminato dell’attuale aeroporto di Orio al Serio che ormai è di fatto il terzo aeroporto italiano, grazie soprattutto alle compagnie low-cost. L’80% dei suoi 14 milioni di viaggiatori pre Covid erano clienti di un’unica compagnia area: la Rayanair.

Come noto lo sviluppo dei voli, anche notturni, comporta nei quartieri popolari a sud della citta e nella prima fascia dei paesi forti disturbi e un fortissimo inquinamento. Ciò nonostante il traffico aeroportuale continua a crescere favorito anche dalle politiche del comune di Bergamo che con la provincia detiene un consistente pacchetto di azioni.

Gori su questa opportunità ha costruito la sua idea di città, un tentativo di porre un freno alla decadenza del centro cittadino, abbandonato dalle grosse aziende (Italcementi) e dal sistema bancario e dei servizi. Gori punta su un nuovo modello che cerca di sfruttare il turismo favorendo il commercio di lusso, lo sviluppo dei BB e la crescita del polo universitario. Tutte azioni che strizzano l’occhio agli operatori dell’agonizzante settore delle costruzioni e coloro che speculano sulle rendite urbane.

Si punta su nuovi fruitori della città, gli User City, soggetti che attraversano i luoghi urbani senza abitarli o abitandovi temporaneamente, soggetti con buone possibilità economiche, ma temporanei.

E’ dentro questa logica che abbiamo assistito alla crescita del turismo di massa in città alta, alla sua gentrificazione, allo sviluppo abnorme di abitazioni temporanee e allo sviluppo di settori commerciali incongrui con il tessuto storico della città. Dentro questa visione va letta la vicenda del parcheggio della Fara, che apre la città murata al futuro transito dei veicoli privati ponendo una seria ipoteca su una eventuale pedonalizzazione. Quello non è solo uno scempio, realizzato male è frutto di una idea sballata di sfruttamento delle bellezze storico artistiche della città.

In città bassa è stato realizzato nell’area ex Ote dall’imprenditore Bosatelli, col significativo sostegno di Percassi, il progetto Chorus life . Un progetto che ruota attorno al nuovo palazzetto dello sport, privato. Un impianto previsto per ospitare eventi sportivi, ma anche eventi musicali e teatrali, Attorno sta sorgendo un quartiere di abitazioni temporanee per gli utenti degli eventi, un quartiere smart, in cui troveranno spazio negozi sportivi e musicali. Un quartiere con pochi residenti stabili e con alloggi gestiti secondo la logica dei B.&B.

Lo stesso centro piacentiniano di città bassa sta subendo trasformazioni radicali non solo con i lavori di via Tiraboschi, ma soprattutto con il passaggio a categorie commerciali di lusso che guardano a una clientela internazionale che lo dovrebbe raggiungere usufruendo dei voli a basso costo low cost.

Ma il centro delle trasformazioni previste nel nuovo PGT in discussione è certamente il progetto per Porta Sud, ovvero la trasformazione dell’attuale scalo ferroviario in un’area di nuova edificazione, seguendo la modalità prevista da Sala per gli scali ferroviari di Milano. Una operazione totalmente affidata a una società privata, i Vitali, che non solo realizzeranno il master plan, ma che decideranno anche gli aspetti gestionali, gli appalti e la componente finanziaria. Una operazione che vede coinvolti fondi immobiliari esteri e società di investimento australiane per una cifra record, per una città di soli 120.000 abitanti di un miliardo di euro.

Chiaramente la crisi innestata dal Covid ha modificato il quadro, la sola crisi del settore aereo e quindi di Orio ha evidenziato le forti fragilità di questo modello di sviluppo, così aggressivo ma anche così fragile. Col Covid tutto si è fermato.

Sono inoltre emerse le contraddizioni interne alla proposta dell’attuale amministrazione, L’operazione Parco Ovest, cioè la concessione a un privato, di realizzare un insediamento commerciale e residenziale in un’area prevista a verde ha svelato il contrasto reale tra le dichiarazioni ambientaliste di Gori e la realtà del suo operare.

Ancora più drammatico il contrasto in atto con il quartiere periferico e popolare di Boccaleone sulla proposta di realizzare un collegamento ferroviario con l’aeroporto di Orio. Questa idea di diminuire il traffico veicolare oggi generato dall’aeroporto dotandolo di un collegamento ferroviario con Bergamo, Milano e gli altri aeroporti lombardi è sostanzialmente condivisibile. Ma Gori per fare ripartire Orio dopo la crisi Covid ha deciso di accelerare proponendo di realizzare l’opera usufruendo dei fondi speciali e delle deroghe previste per le infrastrutture a servizio delle future Olimpiadi Invernali di Milano/Cortina. Ovviamente per rispettarne costi, modalità e tempi ha deciso di realizzare a raso il nuovo percorso ferroviario tagliando in due un quartiere e soprattutto incidendo sulla sua vivibilità (e quindi ponendo le premesse del crollo del valore degli alloggi). Il contrasto tra il comitato dei cittadini, che chiede l’interramento dell’opera, e che pure aveva nelle scorse elezioni appoggiato Gori e l’amministrazione comunale è divenuto via via sempre più esplosivo, ma Gori con atteggiamento macroniano ha deciso di tirare dritto. Un contrasto che negli ultimi tempi si è allargato ai comitati di Campagnola, Colognola, San Tomaso e ad alcune associazioni che ormai unitariamente prendono di mira le scelte amministrative di fondo degli ultimi anni, una situazione che dovremmo attentamente capire e con cui ci dovremo confrontare.

Le contraddizioni post covid infatti ora pongono molti dubbi sulla reale possibilità di concretizzarsi dell’idea di città di cui il PD è l’espressione più compiuta e coerente e che come partito abbiamo osteggiato duramente sino a promuovere una lista in città opposta a quella di Gori.

Inoltre non dobbiamo sottovalutare le contradizione emerse nella discussione sulla nuova autostrada Bergamo-Treviglio, l’ennesima grande opera venduta come panacea ai cronici problemi di un’area ristretta e intasata come è la bergamasca. In realtà dopo l’operazione BREBEMI che ha spostato parte dell’attenzione degli investitori, in particolare quella delle ditte della logistica, sulla bassa pianura tra Romano e Treviglio i ceti urbani della città hanno tentato di entrare in questo gioco promuovendo questa infrastruttura che aprirebbe all’urbanizzaione industriale ciò che rimane della media pianura tra Bergamo e Treviglio. Su questa proposta sono subito arrivati i soliti Vitali con l’appoggio del solito fondo di investimenti australiano. Il blocco moderato a cavallo del centro politico con il sostegno di Gori e del presidente della provincia Gafforelli si è fatto inizialmente paladino di questa proposta, attirandosi il plauso di confindustria e gli strali del nascente movimento dei Fridays For Future. E’ questa un’iniziativa che abbiamo anche noi fortemente criticato sia con prese di posizione che con iniziative, anche se poi sullo sviluppo di reale contestazione dell’opera hanno pesato differenze e settarismi soprattutto nell’area di Treviglio.

La situazione ha poi avuto un’evoluzione inaspettata con un pesante intervento della regione Lombardia che ha gettato sul piatto il classico pugno di monete (pubbliche ovviamente) favorendo di conseguenza il gruppo di interesse di centrodestra che ruota intorno alla BREBEMI e all’asse territoriale bresciano-trevigliese. Uno scontro economico, politico e geografico in cui per ora ha prevalso il blocco di destra della bassa come la sonora vittoria del centrodestra a Treviglio al primo turno delle recenti elezioni municipali dimostra.

In questo contesto vi è anche una nota positiva cioè la coraggiosa presenza dei compagni del PRC di Caravaggio che sono riusciti in un clima di scontro e forte polarizzazione a presentare una lista decisamente chiara su queste questioni che non a caso ha ottenuto, pur non eleggendo nessuno, il risultato del 3.2%. Nelle condizioni attuali un buon risultato. Più della lista della sinistra governativa che a Treviglio ha corso apparentata con la candidata sconfitta del PD non eleggendo anch’essa nessuno. Lista che, pur non dovendo soffrire della questione del voto utile, ha addirittura raggiunto un risultato percentuale inferiore rispetto a quello della lista di Caravaggio.

Il blocco economico e sociale che si è cementato con le operazioni Alta Velocità (corridoio 5) e BREBEMI, fortemente sostenute anche dal PD, si demarca ormai come un blocco di interessi che guardano apertamente a destra, in particolare all’ala governista della Lega, e concorrente con la borghesia urbana e quella inurbatasi dalle valli che oggi guarda a Draghi e al PD. In mano a questo blocco è oggi interamente la questione dello sviluppo della logistica che tanti danni ambientali e sociali sta provocando e provocherà. Non a caso entrambi concorrono per gestire lo stesso modello di sviluppo, quello anelato da confindustria, e non a caso entrambi sono fermi sostenitori dell’attuale governo.

In sostanza possiamo prevedere ancora un futuro di forte opposizione a un modello di sviluppo che, se anche declinato da due pezzi concorrenti della borghesia, è in realtà unico, fatto di grandi opere e grande consumo di territorio, magari nel caso del centrosinistra mitigato da qualche pista ciclabile in più.

La conversione ecologica dovrebbe invece passare per lo stop al consumo di suolo ed alle grandi opere inutili, dannose, clima-alteranti, devastanti dal punto di vista ambientale e tra le cause del dissesto idrogeologico, e per questo osteggiate dalle comunità territoriali coinvolte. Negli ultimi decenni il consumo di suolo ed il dissesto idrogeologico ci sono costati l’equivalente di oltre 50 miliardi e l’Italia è meno sicura di prima.

Servono politiche di ampio raggio, che intervengano su tutto il ciclo del rischio, rilanciando la pianificazione di bacino per contrastare il rischio idrogeologico e in particolare le alluvioni. Invece di discutere di grandi opere inutili bisognerebbe investire creando lavoro buono nella messa in sicurezza del territorio dal rischio sismico, idrogeologico e dalle frane nonché nella valorizzazione del nostro patrimonio storico-architettonico.

La politica e il partito

Nell’ultimo periodo, l’Italia ha subito un capitalismo fondato sull’accumulazione per espropriazione: privatizzazioni, esternalizzazioni e “riforme” di ogni genere hanno prodotto un gigantesco saccheggio, che ha reso più povero e ingiusto il Paese. Persino l’acqua è finita in borsa. La struttura sociale ha subito una forte polarizzazione ed un processo di impoverimento che riguarda la maggioranza della popolazione: il 5% più ricco degli italiani possiede più del 40% della ricchezza, mentre il 60% più povero ne possiede poco più del 10%.
Questo processo di polarizzazione si accentua attorno ad alcune linee di faglia assai precise: le donne i giovani e i migranti sono colpiti in modo particolare ed è cresciuto il divario nord/sud. Il grande aumento delle differenze sociali tra le classi si è intrecciato ad un processo di differenziazione disgregante all’interno del proletariato e delle classi lavoratrici.

Da questa condizione discende la necessità di individuare le strade per ricostruire il blocco sociale per l’alternativa, unificando tutti i settori della società penalizzati dalle politiche liberiste. L’unità della classe lavoratrice e delle classi popolari non nasce spontaneamente dalla condizione oggettiva di sfruttamento e/o esclusione, ma è il frutto di un percorso di soggettivazione in cui ci si riconosce come appartenenti ad una classe, con interessi contrapposti a quelli di un’altra classe. 

Invece la frammentazione sociale e le nostre sconfitte hanno generato un frazionamento anche politico e organizzativo della sinistra politica che bene si è visto nella recente tornata elettorale, oggi più di ieri rimane invece per noi centrale la costruzione di un blocco antiliberista che contesti l’attuale assetto economico e sociale.

Purtroppo anche recentemente numerosi episodi hanno invece evidenziato il consolidarsi di atteggiamenti settari e autoreferenziali, che esasperano i conflitti nel campo antagonista e impediscono una crescita qualitativa e quantitativa dei movimenti di opposizione. Questo è un grande problema alla soluzione del quale dovremo applicarci nei prossimi anni.

Certo per noi restano centrali la costruzione di conflitti nel mondo del lavoro, la costruzione di pratiche mutualistiche e solidaristiche, la lotta contro la devastazione del territorio e per la difesa della sanità pubblica, ma sappiamo che il nostro partito esce da un periodo di arretramenti aggravati dalle conseguenze dalla crisi del Covid, che ha sfilacciato rapporti tradizionali, posto in crisi comunità, fatto scomparire molti compagni che erano anche un punto di riferimento sui territori e per la vita dei circoli.

Anche solo il fatto che la nostra festa provinciale non si sia potuta tenere per due anni ha significato la perdita di molti contatti sul territorio.

Certo ripartiamo da una situazione precaria, ma credo che questo congresso nazionale proprio per questo debba anche segnare un deciso cambio di passo, rinnovando a tutti i livelli le energie e i ragionamenti. La situazione è complessa e richiederà tutte le nostre capacità, c’è bisogno del contributo di tutti voi. (Seriate, 9/10/2021 – Francesco Macario)